sabato 18 settembre 2010

Infibulazione, stato etico e diritti di cittadinanza


da: Pensiero Selvaggio
Un articolo di Repubblica rilancia il periodico "allarme infibulazione". Emergono almeno due problemi: il fatto che vi sono donne maggiorenni che vorrebbero sottoporsi volontariamente all'operazione e che sono costrette, visto che ciò in Italia è illegale sempre e comunque, a rivolgersi alle "cliniche" clandestine o ad andare all'estero, ed il fatto che è difficile, specie nelle condizioni attuali, tutelare le bambine nate in Italia (ma non italiane) operate più o meno legalmente all'estero.

Punto primo: c'è una parte di donne maggiorenni, evidentemente minoritaria eppur esistente, che chiede volontariamente di poter subire questo genere di operazione. In assenza di alternative legali e sicure queste donne devono oggi scegliere tra l'operazione clandestina (pericolosissima, ed in cui il "medico" rischia fino a 12 anni di galera) o il viaggio all'estero (le maggiorenni possono farsi infibulare nelle cliniche autorizzate in diversi paesi europei, come la Germania). Un pò come per l'aborto un tempo, e come per eutanasia e fecondazione assistita oggi: lo stato etico proibisce, e le donne (rese non pienamente titolari del loro corpo) sono costrette a rivolgersi alle macellaie (rischiando la pelle e pagando l'operazione a peso d'oro, visti i rischi) o ad andare all'estero. Se qualcuno provasse a proporre restrizioni simili per interventi ben più effimeri ma pericolosi quali tatuaggi, piercing, lampade o ritocchi estetici, chissà quanti (giustamente) insorgerebbero (eppure stiamo sempre parlando di modificazioni permanenti e volontarie del proprio corpo).

Secondo problema: le bambine nate in Italia da genitori migranti non possono essere sottoposte legalmente a questi interventi in Italia ma vengono regolarmente "operate" nei paesi di origine. Ed in questo caso la legge è impotente: questi atti ricadrebbero eventualmente sotto la responsabilità dei paesi dove le operazioni vengono messe in atto, dove tutto ciò è spesso legale (o non perseguito/non perseguibile). Non dobbiamo inoltre dimenticare che queste bambine non sono nemmeno cittadine italiane: un conto è proibire l'infibulazione sul territorio italiano, un conto "proibire" che le baby cittadine nigeriane o algerine vengano infibulate altrove. In questi casi, infatti mancano tutti i requisiti per poter avere voce in capitolo: stiamo pur sempre di atti cui vengono sottoposte cittadine straniere al di fuori dei confini del nostro paese.

Ma c'è una possibilità. Se a queste bambine nate in Italia fosse concessa la cittadinanza italiana alla nascita, infatti, il discorso potrebbe essere impostato in maniera diversa: queste bambine verrebbero sì sottoposte ad operazioni all'estero ma potrebbero comunque beneficiare di una serie di tutele che lo stato deve garantire ai suoi cittadini. Se dotate della cittadinanza, queste ragazze potrebbero ad esempio ricadere sotto la protezione primaria dello stato che potrebbe chiedere conto ai genitori responsabili di questo atto di menomazione appellandosi al fatto che le bambine sono minori italiane e che come tali godono di un set di tutele forti che lo stato deve far rispettare. La Repubblica Italiana potrebbe rendersi seriamente garante del diritto di queste sue baby cittadine perseguendo i genitori che "non vigilano" sull'incolumità dei minori resi italiani. Sarebbe già qualcosa.

Ad oggi, tuttavia, queste bambine non sono legalmente che individui di passaggio. Per loro si può invocare soltanto la generica tutela dei "diritti umani"; e suona un pò "imperialista" l'imporre a quelle che oggi sono ancora cittadine nigeriane o marocchine una visione del mondo italiana. A coloro che si indignano per l'infibulazione lancerei quindi questa provocazione: lavoriamo per far ricadere seriamente queste giovani vittime sotto l'ala protettrice della Repubblica Italiana riconoscendole come cittadine a pieno titolo.

Ed una volta che sono maggiorenni, lasciamole libere di fare del loro corpo ciò che meglio credono.

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Infibulazione: "Nella capitale
curate oltre 10mila donne"

DA: Repubblica.it

In Italia la legge vieta le mutilazioni genitali femminili, ma ancora molte donne continuano a sottoporsi a questa pratica. L'allarme di Aldo Morrone, direttore dell'Istituto Nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie nella povertà (Inmp): "Il fenomeno non si ferma. Ci sono ancora medici che agiscono nell'illegalità'"


E' un dramma nascosto quello delle donne immigrate vittime di mutilazione genitale femminile (Mgf) in Italia. Solo nella capitale dal 1996 sono state curate in diecimila. A lanciare l'allarme sul fenomeno è Aldo Morrone, direttore dell'Istituto nazionale per la promozione della salute delle popolazioni migranti e per il contrasto delle malattie nella povertà (Inmp) all'ospedale romano San Gallicano.

Anche se in Italia la legge vieta questa pratica, la situazione è sempre più preoccupante. Secondo alcune stime recenti ogni anno almeno 600 bambine sono a rischio. "Nel nostro Paese ci sono ancora medici e le anziane delle comunità che, a pagamento, praticano l'infibulazione - spiega Morrone - ce ne accorgiamo solo quando le donne vengono al nostro ambulatorio e osserviamo danni recenti che fanno pensare a un intervento di questo genere".

Spesso le mutilazioni sono fatte senza anestesia, con coltelli, lame di rasoio, vetri rotti o forbici. L'emorragia che ne consegue viene arrestata tamponando la ferita con garze e bendaggi o, nei casi migliori, con punti di sutura. Le conseguenze sono infezioni, cheloidi, tetano e addirittura infertilità, oltre a problemi nei rapporti sessuali e durante il parto.

La legge
A quattro anni dalla legge (n.7-01-2006) che vieta l'infibulazione è ancora difficile fare un bilancio sulla sua efficacia in Italia. Nel mondo più di 130 milioni di donne e bambine hanno subito mutilazioni genitali (Mgf) e solo in Italia si calcola che siano 40.000. E' il dato più alto in Europa, che in totale conta 500mila vittime.

Nel nostro paese non esistono dati ufficiali sul questo fenomeno 'nascosto' visto che chi pratica questa usanaza può essere punito con una pena che può arrivare a 12 anni di reclusione. Spesso il problema è quello delle vacanze nei paesi d'origine. Se in Italia 'il taglio' è vietato, la possibilità di superare l'ostacolo è infatti quello di effettuare l'infibulazione all'estero.

Le 10mila donne passate dal San Gallicano provenivano soprattutto dall'Africa dove questa tradizione, slegata da dettami religiosi, è radicata.

In molti paesi europei le mutilazioni vengono eseguite nei centri di chirurgia estetica vaginale
o in quelli dove si fanno piercing e tatuaggi. "Il fenomeno paradossale - dice Morrone - è quello delle giovani ragazze, adolescenti nate in Italia da genitori immigrati o trasferitesi da piccole che 'desiderano' essere infibulate, una volta raggiunta la maggiore età". Le ragazze che hanno fatto questa richiesta, nonostante i numerosi colloqui con i mediatori culturali, in qualche caso, sono riuscite a portare a termine la loro intenzione altrove.

"Abbiamo avuto notizie di una ragazza africana - conclude Morrone - che, una volta maggiorenne, si è fatta infibulare in Germania. E' difficile modificare questo modello culturale. Da una collaborazione con colleghi spagnoli siamo addirittura venuti a sapere di immigrate che, approfittando delle vacanze estive, portavano le loro figlie a farsi infibulare nei Paesi d'origine".
(11 settembre 2010)

1 commento:

  1. forse siete IMPAZZITE.
    Mi esplode il cuore dalla rabbia e dall'idignazione a vedere altre donne (indubbiamente libere) che asseriscono che molte donne "vogliono" questo intervento, "liberamente", lasciamo fare del loro corpo ciò che vogliono.. mi sento poco bne.
    mi fa solo pensare che siate malate di paura di apparire imperialiste, ma in realtà non sapete niente. Per me chiunque faccia questi "distinguo" è nemico delle donne e basta.
    http://vimeo.com/10257202
    http://vimeo.com/9210150

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